Cardare è un'operazione antica che io compio sempre con molto piacere: la cardatura mette ordine nelle fibre, toglie le impurità, districa le fibre e dispone le fibre tessili in verso parallelo. In breve, cardare significa fare ordine e in questo senso è un perfetto esercizio zen di ricerca di consapevolezza. Gesti ripetitivi antichi come il mondo, che regalano la certezza delle cose sempre uguali anche quando a passare sono i secoli.
Per la cardatura tradizionale si usavano gli scardassi, attrezzi di costruzione famigliare: solo semplici tavolette di legno inchiodate su di un medico per formare un quadrello su cui era fissato con piccole sellerine (chiodini) un pezzo quadrangolare di cuoio, entro cui, attraversanti e a distanza regolare, erano piantati una sorta di chiodi, aperti fatti di filo di ferro reso acciaioso. Si usava con un secondo identico arnese; sul primo, tenuto con i denti rivolti in alto si metteva un piccolo quantitativo di lana e con il secondo attrezzo capovolto rispetto al primo si pettinava con movimenti alternati la fibra di lana sino a rendere allineati i peli. Prima dello scardasso l'uomo usò il cardo dei lanaioli (dipsacus follonum).
In provincia di Asti e di Torino operavano abili fabbricanti di pettini da cardatore costruiti con i cardi naturali incollati al legno. Dalle vallate di Susa e del canavese provenivano i migliori cardatori, primi emigranti del lavoro, stagionali che esercitavano anche la professione di filatori.
Nel mio laboratorio ho imparato a cardare utilizzando le spazzole per i cani, pratiche su piccoli quantitativi di lana...
Per tutti coloro che intendono passare a qualcosa di più professionale suggerisco un bel giro per mercati dell'antiquariato, riservano sempre delle sorprese e forse qualche scardasso è ancora in circolazione in attesa di una nuova stagione.